CONFERENZA ANNUALE EUROMESCO SUL TEMA "CAMBIARE LA VISIONE EUROMEDITERRANEA"

Si è svolta a Rabat in Marocco la Conferenza Annuale EuroMeSCo "Cambiare le lenti euromediterranee" che ha riunito oltre 160 ricercatori, responsabili delle decisioni, accademici e rappresentanti della società civile di 25 paesi dell'area euromediterranea per contestare alcune idee che sono alla base delle relazioni euromediterranee.
Nei forum euromediterranei, infatti, l'attenzione si concentra spesso sullo stato del sud e sud-est del Mediterraneo e sul suo impatto sull'Unione europea.
A sua volta, questa conferenza si è concentrata su come i recenti sviluppi in Europa influenzano le sponde meridionali del Mediterraneo e più in generale le relazioni euromediterranee.
Allo stesso modo, le politiche euromediterranee sono troppo spesso intese come politiche dell'Unione europea nei confronti del Mediterraneo meridionale.
Pertanto, questa conferenza ha anche esaminato le politiche e le strategie sviluppate dai paesi del Mediterraneo meridionale nei confronti dell'UE e di altri partner.
La conferenza è stata organizzata congiuntamente dall'Istituto europeo del Mediterraneo (IEMed) e dal Centro politico OCP.
La Fondazione Mediterraneo, cofondatrice della network, e la Federazione Anna Lindh Italia ha partecipato ai lavori.

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LA RETE EUROMESCO DISCUTE A RABAT SULLE SFIDE NELLE RELAZIONI EUROMEDITERRANEE

La rete EuroMeSCo - della quale sin dall'inizio fa parte la Fondazione Mediterraneo - ha svolto un incontro a Rabat".
Più di 40 giovani ricercatori hanno discusso sulle tematiche euromediterranee.
In questa occasione la rete EuroMeSCo ha accolto 6 nuovi membri.

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LA FONDAZIONE MEDITERRANEO PARTECIPA AL 23° ANNIVERSARIO DELLA “STRAGE INSEPOLTA”

Quest’anno Omer Dudic potrà finalmente seppellire i suoi cari morti nel genocidio. I resti di suo fratello Nijazija e di sua cognata Remzija, all’epoca incinta di sei mesi, sono stati riconosciuti grazie all’analisi del Dna nel centro di identificazione di Tuzla e i loro nomi figurano nella lista delle 35 persone tumulate l’11 luglio 2018 durante le celebrazioni per l’anniversario del massacro di Srebrenica. 
« In quei giorni del 1995 avevo appena vent’anni –  racconta visibilmente commosso – e riuscii a salvarmi per miracolo, fuggendo attraverso i boschi e camminando per oltre cento chilometri a piedi nudi. Da allora non ho mai smesso di cercare i miei parenti ». Oggi Omer fa il contadino a Osmace, un villaggio a poca distanza da Srebrenica, immerso tra le verdi campagne che circondano la valle della Drina, al confine tra la Bosnia e la Serbia. Si stenta a credere che solo pochi anni fa un luogo così silenzioso e poetico sia stato teatro di una feroce pulizia etnica. Dei circa mille abitanti che vivevano qui all’epoca adesso ne sono rimasti appena un’ottantina.
Poche case sparse abitate perlopiù da qualche anziana vedova, un memoriale alle vittime della guerra e intorno distese di campi a perdita d’occhio. Campi che potrebbero essere coltivati, se solo ci fossero ancora le braccia per farlo. Da qui si arriva a Srebrenica in meno di mezz’ora, scendendo lungo la strada che Ratko Mladic e le sue truppe di carnefici percorsero dopo la definitiva caduta della città. La fisionomia della piccola piazza del centro è stata modificata di recente da un imponente edificio rosso che ospita un albergo e una banca turca. Di fianco, il minareto della principale moschea cittadina è sovrastato dalla cupola della chiesa ortodossa. Dopo quanto è accaduto nella prima metà degli anni ’90, la convivenza tra la comunità serba e la minoranza musulmana è una scommessa quotidiana. Anche quest’ultima vive ormai con fastidio la rumorosa macchina delle celebrazioni che si attiva ogni anno l’11 luglio, la sfilata annuale delle delegazioni internazionali, i riflettori che si accendono per mezza giornata e poi si spengono di nuovo fino all’anno successivo. « È vero, questo sarà il primo anniversario dopo la condanna di Mladic e la chiusura della Corte penale dell’Aja – riconosce Bekir, che era un bambino durante la guerra – ma qua le notizie delle condanne arrivano come un’eco distante, che non sposta gli equilibri quotidiani della gente comune ».
I sopravvissuti e i parenti delle vittime sono costretti a convivere ogni giorno con la memoria del genocidio e a confrontarsi con una ricostruzione morale e materiale che pur dopo tanti anni stenta ancora a decollare.
« Il processo di riconciliazione continua a essere ostacolato dalle ideologie nazionaliste che gettano sale sulle ferite di un dramma cominciato molto tempo prima di quello che il mondo ricorda », spiega Hasan Hasanovic, curatore del centro di documentazione del memoriale di Potocari, nel quale è sepolto anche suo padre. L’assedio dei nazionalisti serbi alla città iniziò in un giorno di primavera di venticinque anni fa, nel 1993. « L’Onu aveva negoziato un cessate il fuoco, la popolazione si illuse di poter tirare il fiato e noi bambini uscimmo a giocare a calcio nel cortile della scuola – ricorda – ma all'improvviso dalle montagne circostanti iniziarono a piovere granate sulla città. Una colpì in pieno il campo da gioco ed esplose a pochi metri da me ». 
Quel giorno Hasan si salvò per miracolo ma vide morire quattordici suoi compagni di scuola. La mattanza che si sarebbe compiuta due anni più tardi segnò anche il fallimento della comunità internazionale, come ricorda anche la mostra fotografica allestita nei locali dell’ex base Onu di Potocari.
Con le 35 sepolture di quest’anno, il totale delle inumazioni supererà quota 6.800 ma il lungo processo per ridare un’identità ai resti delle oltre ottomila vittime prosegue, anche perché i boschi intorno a Srebrenica continuano a restituire le ossa sepolte nelle fosse comuni. 
Dragana Vucetic, antropologa forense del centro di ricerca sulle persone scomparse di Tuzla, conferma che sono circa un migliaio le vittime che restano ancora da identificare.
La Fondazione Mediterraneo, nata proprio per aiutare le vittime della guerra in ex Yugoslavia, è al fianco di queste martoriate popolazioni.

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IL CLUB “LYONS” IN VISITA AL MUSEO DELLA PACE - MAMT

I membri del club “Lyons” hanno visitato il Museo della PaceMAMT esprimendo apprezzamento per questa iniziativa unica.

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ANNA MARIA DI NAPOLI FIRMA IL MANIFESTO KIMIYYA

Anna Maria Di Napoli, consorte del Comandante della Polizia municipale di Napoli Ciro Esposito, ha sottoscritto il manifesto Kimiyya.

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ASSEGNATO AL MUSEO DELLA PACE - MAMT IL PREMIO "L'ORIGANO" AL SINDACO DI VALLO DELLA LUCANIA RONY ALOIA

Premio "L'ORigano" per il sindaco di Vallo della Lucania (Salerno), Rony Aloia, primo in Italia a disporre l'obbligo dei defibrillatori nel piano urbanistico per le case di nuova costruzione. Il riconoscimento è stato consegnato a Napoli nell'ambito della presentazione del libro di poesie, intitolato "l'ORigano", scritto dalla giornalista Olga Fernandes proprio per l'acquisto di defribillatori da donare.
La cerimonia si è svolta nella sede della Fondazione Mediterraneo e Museo della paceMAMT di Napoli, patrimonio dell’umanità. A consegnare il riconoscimento al sindaco Aloia è stato l' architetto Gennaro Testa.  Presenti il "padrone di casa" Michele Capasso, presidente della Fondazione Mediterraneo, il cantante Peppino Di Capri, Ciro Esposito, comandante della polizia municipale di Napoli e Sabatino Raia, maestro di canto, che durante la serata ha recitato le poesie contenute nel libro di Olga Fernandes. Presente, tra gli altri, anche Antonio Ferrieri, pasticciere tra i più noti di Napoli, inventore della Sfogliatella all'ORigano.

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AL MUSEO DELLA PACE - MAMT IL LIBRO “L’ORIGANO” DI OLGA FERNANDES

Un libro di poesie, intitolato "l'ORigano" finanzierà l'acquisto di strumenti per la sopravvivenza, i defribillatori: a scrivere il volume è stata la giornalista Olga Fernandes che lo ha presentato al Museo della paceMAMT”.
"In Italia - spiega la scrittrice - le vittime di arresto cardiaco sono oltre 70.000 ogni anno, e oltre l’80% dei decessi avviene lontano da ospedali e strutture sanitarie. In tal senso è significativo come nel 65% dei casi l’arresto cardiaco colpisca in presenza di testimoni e il 60% di questi eventi accada per strada. Dati dai quali risulta evidente l’importanza della presenza di defibrillatori sul territorio, che porta indubbi benefici sul fronte della sopravvivenza. Il defibrillatore è uno strumento preziosissimo, perché consente un intervento tanto immediato quanto fondamentale, poiché per la persona colpita da arresto cardiaco, ogni minuto che passa è di vitale importanza: in soli sessanta secondi, infatti, si abbassano del 10% le sue possibilità di restare in vita. Dopo soltanto 5 minuti di tempo, le possibilità di salvezza scendono al 50%. Ma si può morire solo perché manca un defibrillatore?" Olga Fernandes ha quindi avviato una campagna per la massima diffusione dei defibrillatori e sta dedicando tutte le sue energie nel tentativo di reperire il maggior numero possibile di questi strumenti, e di metterli a disposizione della popolazione.
"Il dolore ci cambia", dice la giornalista, "cambia le nostre percezioni. Siamo anime divise in due, tra generosità e diffidenza. Bisogna trovare il coraggio di cambiare, di dedicarci ad aiutare il prossimo. Attraverso la mia campagna per i defibrillatori sto conoscendo persone straordinarie, pronte a impegnarsi per gli altri, per le quali dare, aiutare, sostenere è fonte di gioia. Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno collaborato e stanno collaborando a questa campagna”. Dal prossimo settembre Olga Fernandes condurrà su Crc Targato Italia la trasmissione "l'ORigano informa", dedicata a questi argomenti.
Del libro e della necessità di diffondere il più possibile i defibrillatori ne hanno parlato, insieme all’autrice Rony Aloia sindaco di Vallo della Lucania (il primo in Italia a inserire nel piano regolatore l'obbligo dei defibrillatori nei palazzi di nuova costruzione ed assegnatario del “Premio l’ORigano”); l’architetto Gennaro Testa, l’ architetto Patrizia Bottaro, l’architetto Emma Buondonno, Giovanny Block, cantautore; Michele Capasso, presidente della Fondazione Mediterraneo e “padrone di casa”, Stella Cervasio, giornalista di Repubblica, l’architetto Massimo Pica Ciamarra, Antonella De Cesare, conduttrice, Peppino di Capri, cantautore, Ciro Esposito, comandante della polizia municipale di Napoli, i Naea, gruppo musicale e Sabatino Raia, maestro di canto. Presente all’evento Antonio Ferrieri, pasticciere tra i più noti di Napoli e inventore della Sfogliatella all’ORigano, nata proprio per sostenere l'iniziativa.

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IL COMANDANTE DELLA POLIZIA MUNICIPALE DI NAPOLI CIRO ESPOSITO IN VISITA AL MUSEO DELLA PACE - MAMT

Il Comandante della Polizia municipale di Napoli Ciro Esposito accompagnato dalla consorte Anna Maria Di Napoli ha visitato il Museo della Pace - MAMT.
Accolto dal presidente Michele Capasso e dalla direttrice Pia Molinari gli ospiti hanno visitato specialmente i percorsi emozionali dedicati alle tre fedi monoteiste: la Moschea, la Sinagoga e le Cappelle dedicate a Don Bosco, Madre Mazzarello, Papa Giovanni Paolo II°, Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta.
Molto apprezzata la sezione dedicata allo scultore Mario Molinari, autore del Totem della Pace.

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PEPPINO DI CAPRI IN VISITA AL MUSEO DELLA PACE - MAMT ED ALLA SEZIONE DEDICATA ALLO SCULTORE MARIO MOLINARI

Peppino Di Capri ha visitato il Museo della Pace - MAMT e la sezione dedicata allo scultore Mario Molinari.
Accompagnato dal presidente Michele Capasso e da Pia Molinari il cantante ha apprezzato questa iniziativa unica per Napoli e per il Mediterraneo.
Il presidente Capasso ha ricordato la frequentazione di lunga data con Peppino Di Capri a partire dal 1973 e culminata nel luglio 2004 con l’assegnazione della “Chiave d’oro” della città di Alessandria, per iniziativa della Fondazione Mediterraneo e dell’Ambasciata italiana al Cairo.

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DON PEPPE DIANA OGGI AVREBBE COMPIUTO 60 ANNI: VISITA SPECIALE AL MUSEO DELLA PACE - MAMT

Don Peppe Diana avrebbe oggi compiuto 60 anni se la camorra non ne avesse spezzato la vita il 19 marzo 1994.
Accompagnati dal presidente Michele Capasso i visitatori del Museo della Pace - MAMT hanno potuto ripercorre la vita, l’insegnamento ed il messaggio di Don Peppe: per la legalità, il rispetto delle istituzioni e della dignità umana.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio ha sottolineato come “Le mafie si insinuino nelle debolezze delle istituzioni e nei luoghi della marginalità: questo Don Giuseppe Diana ha sempre denunciato con forza. Il suo martirio ha lasciato un segno profondo…”.

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