2020

Si sono svolte a Firenze ed a Napoli (sede dell’OMCOM e del Museo della Pace - MAMT) le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Nino Caponnetto, Giudice ideatore del suo storico Pool o “Nonno Nino” per le migliaia e migliaia di ragazzi incontrati, fino all’ultimo momento della sua vita, nelle scuole di tutta la nostra smemorata Italia. 
“Ha amato Firenze, ne è stato amato e lo è tutt’ora. Ha amato Palermo, ne è stato amato ma non a sufficienza. Ha scelto di fare il Giudice. Senza dire nulla alla moglie ha sostituito Rocco Chinnici ucciso con metodo libanese da Cosa Nostra. Ha ottenuto come Pretore al primo incarico la prima sentenza della Corte Costituzionale. Ha combattuto in Africa e ne è tornato pieno di incubi e schierato per la pace. Ha parlato ai giovani di tutta Italia. Ha creato il primo pool antimafia mettendoci quattro moschettieri: Falcone, Borsellino, Guarnotta, Di Lello. Ha amato sua moglie Betta per 61 anni fino alla morte. Ha difeso la Costituzione. Ha per primo, nella storia del nostro Paese, fatto condannare in modo definitivo oltre 400 boss mafiosi. Ha pianto per la morte dei suoi ‘figli’ Falcone e Borsellino. Ha detto ‘tutto è finito’, pentendosene subito”.

Cosi scrive di Antonino Caponnetto Salvatore Calleri, presidente della Fondazione che porta il nome del Giudice, nell’occasione dei cento anni dalla sua nascita il 5 settembre del 1920.
Cosi che ricordare la grandezza di Caponnetto è anche in quell’umanissimo e disperato “È tutto finito” pronunciato all’indomani della strage di Capaci.
Quel momento di debolezza, che tanto ce lo ha fatto amare, vinto un attimo dopo grazie anche ai tanti giovani che iniziarono a stazionare sotto la sua finestra per fargli sentire che non era tutto finito e che sulle sue gambe, insieme a Lui, dovevano ancora camminare le idee dei tanti morti ammazzati.
“Ricordare Antonino Caponnetto è, oggi, omaggiare la vita di un uomo che ha fatto della sua esistenza testimonianza concreta di valori profondi, quelli che danno senso al nostro essere uomini e donne, quelli che vivono nel quotidiano rispetto di democrazia, legalità ma, soprattutto, di coerenza di fatti e parole” afferma il presidente della Fondazione Mediterraneo Michele Capasso nel celebrare il diciannovesimo anniversario al Museo dedicato a Nino Caponnetto.
Una vita congruente, in mezzo alle tante parole vuote di oggi, a tante chiacchiere facili. Vite di cui basta guardare i gesti compiuti per capirne la coerenza morale, umana, politica.
Sanno in pochissimi che, per esempio, fu Antonino Caponnetto al suo primo incarico come giovane pretore a Prato, a rinviare alla Corte Costituzionale le due norme del testo sulla Pubblica Sicurezza che vietavano il volantinaggio ottenendo in favore della libertà della persona le prime due sentenze della Corte Costituzionale.
Confermando, così, il neonato art.21 della nostra Costituzione per cui tutti hanno il diritto di ”manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto o altro mezzo di diffusione”.
Lo stesso Antonino Caponnetto che circa quaranta anni dopo scriverà che: “...la Costituzione è un insegnamento di vita; è la vita di tutti i giorni”. Un uomo che arrivò a Palermo nello studio di Rocco Chinnici quando ancora c’erano i sigilli posti dopo l’assassinio e che rientrò a Firenze con il carico di vicende che dovevano restare nella Memoria di tutti, dei giovani soprattutto. Che i cosiddetti “adulti” lo avessero deluso?
Certo è che iniziò a girare l’Italia per parlare ai giovani della Costituzione, del valore di essere cittadini attivi e consapevoli e della Democrazia, nella quale abbiamo la fortuna di poter vivere.
Memorabili le parole a Bergamo nel ’95:
“In America (nb. la Costituzione ) la si impara a memoria alla prima elementare. E una persona non può ottenere la cittadinanza americana se non sostiene un esame approfondito sulla sua conoscenza della Costituzione... Da noi, invece, la Costituzione è un oggetto misterioso. Qualcosa di cui si sente parlare ogni tanto... È nata sulla base della Resistenza, che i giovani oggi non conoscono più, perché nelle scuole non insegnano queste cose. Ed ha fuso tre esperienze che avevano fatto fronte comune nella Resistenza: quella sociale cattolica, quella liberale e quella socialista marxista...”.
Armonizzare e mai dividere, divulgare con il semplice racconto di fatti vissuti in prima persona. Questa la forza enorme dell’insegnamento di Caponnetto. E rivolgersi ai giovani, dedicando loro l’ultima parte della sua intensa vita. Perché i giovani non puoi imbrogliarli, i giovani sentono se chi hanno davanti ci crede veramente.
I giovani i discorsi vuoti di chi parla per parlare li annusano come cani da tartufo.
Ragazzi... Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli”.
Caponnetto era Verità, che fosse il Giudice ideatore del suo storico Pool o “Nonno Nino” per le migliaia e migliaia di ragazzi incontrati, fino all’ultimo momento della sua vita, nelle scuole di tutta la nostra smemorata Italia.