2017

Papa Francesco riceve i capi di Stato e di Governo per il 60° anniversario dei trattati di Roma, ammonisce dalle "spinte centrifughe" e dai muri: "Solidarietà è l'antidoto più efficace ai moderni populismi". E invita a costruire "società autenticamente laiche". Gentiloni: "Ue non è solo parametri economici"
L'Europa è un "modo di concepire l'uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile" e non "un insieme di regole da osservare". E si deve resistere alla "tentazione di ridurre gli ideali fondatici alle necessità produttive, economiche e finanziarie". Papa Francesco lo sottolinea parlando ai capi di Stato e governo dei Paesi Ue, ricevuti in Vaticano alla vigilia della celebrazione per i 60 anni del Trattato di Roma.
"Noi oggi siamo qui riuniti per celebrare il nostro progetto comune e domani firmeremo un documento di intenti comuni, solo insieme e uniti si possono vincere le grandi sfide, possiamo sconfiggere il terrorismo, risolvere il problema dell'immigrazione", dice il presidente del Europarlamento, Antonio Tajani, nel suo messaggio di saluto iniziale. E Bergoglio, riprendendo i temi affrontati nella  torna sugli elementi costitutivi di quel "progetto comune" che venne sottoscritto sessant'anni fa. Li riassume in cinque pilastri: "La centralità dell'uomo, una solidarietà fattiva, l'apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l'apertura al futuro".
Sul tema della solidarietà Bergoglio si sofferma a lungo. Lo presenta come "antidoto più efficace ai moderni populismi", come risposta alle "spinte centrifughe". Ma anche come perno sul quale far crescere la "capacità di aprirsi agli altri". Il Papa cita il cancelliere tedesco Adenauer e la sua promessa di una Unione che non avrebbe eretto intorno a sé "barriere invalicabili". Aggiunge Francesco: "In un mondo che conosceva bene il dramma di muri e divisioni, era ben chiara l'importanza di lavorare per un'Europa unita e aperta e la comune volontà di adoperarsi per rimuovere quell'innaturale barriera che dal Mar Baltico all'Adriatico divideva il continente". Oggi, commenta, si è persa la "memoria della fatica" compiuta per superare le barriere di sessant'anni fa. E se all'epoca "generazioni ambivano a veder cadere i segni di una forzata inimicizia", adesso si discute "di come lasciar fuori i 'pericoli' del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini".
In questi sessant'anni, ammette il Papa, il mondo è cambiato: "Se i padri fondatori, che erano animati dalla speranza di un futuro migliore e sopravvissuti ad un conflitto devastante, erano animati dalla speranza di un futuro migliore e determinati dalla volontà di perseguirlo, evitando l'insorgere di nuovi conflitti, il nostro tempo è più dominato dal concetto di crisi". Ma la parola crisi, spiega il pontefice, "non ha una connotazione di per sé negativa, non indica solo un brutto momento da superare: ha origine dal geco e - ricorda Francesco - significa investigare, vagliare giudicare". Quello contemporaneo, quindi, è "un tempo di discernimento che ci invita a vagliare l'essenziale e a costruire su di esso". Un tempo di "sfide e di opportunità".
In questo senso l'Unione Europea, nelle parole del Papa, "a differenza di un essere umano di sessant'anni non ha davanti a sé un'inevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza". Il successo, però, è legato alla capacità di "discernere la via di un nuovo umanesimo europeo, fatto di ideali e concretezza". Si tratta di "edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l'oriundo e l'autoctono, il credente e il non credente". Si tratta, inoltre, di investire nello sviluppo e nella pace. Ma "lo sviluppo non è dato da un insieme di tecniche produttive", esso "riguarda tutto l'essere umano: la dignità del suo lavoro, condizioni di vita adeguate, la possibilità di accedere all'istruzione e alle necessarie cure mediche". Francesco cita Paolo VI: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace". Ma ammonisce: "Non c'è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c'è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. non c'è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e violenza".
Che l'Unione europea non debba essere "solo quella dei parametri numerici, ma di esempi morali, valori, nella ricchezza delle diversità" lo ha sottolineato anche il premier italiano, Paolo Gentiloni. "La Chiesa  - ha detto - ci ha esortato a rafforzare il dialogo, ricordiamo san Giovanni Paolo II ed il suo impegno nel riunire i due 'polmoni' come li chiamava lui, l'Est e l'Ovest. La Chiesa ha inoltre incoraggiato l'integrazione, ad esempio papa Paolo IV che parlava della magnifica realtà dell'Unione". Ricordando che noi "siamo l'Europa dell'umanesimo e del Rinascimento, di Pascal, dell'Illuminismo e della ragione come idea fondativa dello sviluppo umano", Gentiloni ha ribadito che "noi europei traiamo ricchezza da numerosi e differenti radici". "Il Papa al Parlamento europeo ha parlato di umanizzazione e ancora una volta dobbiamo seguire chi siamo: abbiamo superato due guerre mondiali e l'Europa è diventata una grande famiglia. Il viaggio dell'Europa continua, arricchiti dalla nostra diversità. Il viaggio è iniziato tempo fa e continua in nome della giustizia, del progresso, della pace dell'Europa e del mondo intero".